L’articolo 40 del Decreto Legge 4 maggio 2023, n. 48 (c.d. Decreto Lavoro), nell’ambito delle misure fiscali per il welfare aziendale, dispone l’incremento, limitatamente al periodo d’imposta 2023, della soglia di non imponibilità dei fringe benefits da euro 258,23 ad euro 3.000, anche se erogati o rimborsati ai lavoratori dipendenti per il pagamento delle utenze domestiche relative al servizio idrico, all’energia elettrica e al gas.
La misura è destinata esclusivamente ai lavoratori dipendenti con figli a carico, restando ferma la soglia ordinaria di esenzione, pari a euro 258,23, per i fringe benefits (esclusivamente sotto forma di beni e servizi) riconosciuti agli altri lavoratori dipendenti.
Per espressa previsione della norma, per vedersi applicata la soglia di esenzione di euro 3.000, il lavoratore dipendente deve dichiarare al datore di lavoro di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli.
L’art. 40 del Decreto Legge 4 maggio 2023, n. 48 (c.d. Decreto Lavoro), nell’ambito delle misure fiscali per il welfare aziendale, dispone:
NOVITÀ: l’incremento, limitatamente al periodo d’imposta 2023, della soglia di non imponibilità dei fringe benefits da euro 258,23 ad euro 3.000, anche se erogati o rimborsati ai lavoratori dipendenti per il pagamento delle utenze domestiche relative al servizio idrico, all’energia elettrica e al gas.
NB: La misura è destinata esclusivamente ai lavoratori dipendenti con figli a carico, restando ferma la soglia ordinaria di esenzione, pari a euro 258,23, per i fringe benefits (esclusivamente sotto forma di beni e servizi) riconosciuti agli altri lavoratori dipendenti.
Per espressa previsione dell’articolo 40, per vedersi applicata la soglia di esenzione di euro 3.000, il lavoratore dipendente deve dichiarare “(...) al datore di lavoro di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli.”
Di seguito, in attesa nei necessari chiarimenti in materia da parte dell’Agenzia delle Entrate, si propone un’analisi del disposto normativo, mettendo in evidenza alcuni aspetti di dubbia interpretazione.
AMBITO DI APPLICAZIONE
L’art. 40, comma 1 del Decreto Lavoro dispone che:
“Limitatamente al periodo d’imposta 2023, in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, prima parte del terzo periodo, del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di euro 3.000, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, del citato testo unico delle imposte sui redditi, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale (...).”
Pertanto, limitatamente al periodo d’imposta 2023 e con riferimento ai soli lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, la soglia di non imponibilità dei beni e servizi ceduti dai datori di lavoro, fissata in via generale dal comma 3, art. 51 del TUIR in euro 258,23, è elevata ad euro 3.000, con estensione anche alle somme erogate o rimborsate dai medesimi datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche.
Potenziali beneficiari
Per quanto concerne l’ambito di applicazione della misura in esame, l’analisi letterale della norma suggerisce alcune considerazioni relative alla platea dei potenziali beneficiari. Innanzitutto, si fa riferimento “ai lavoratori dipendenti (....)”, dunque, ai titolari di reddito di lavoro dipendente. Sembrerebbero, pertanto, esclusi i lavoratori titolari di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente. Tuttavia, l’art. 40, comma 1 esordisce con l’inciso “in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, prima parte del terzo periodo” del TUIR che, come noto, fissa in euro 258,23 il limite di esenzione del valore dei beni e servizi ceduti e risulta applicabile, oltre che ai lavoratori titolari di reddito di lavoro dipendente, anche ai percettori di reddito assimilato.
NB: Sul punto e, dunque, sulla possibilità di estendere la soglia di non imponibilità di euro 3.000 anche ai titolari di reddito assimilato, si ritiene, in via prudenziale, di attendere il pronunciamento ufficiale da parte dell’Agenzia delle Entrate.
L’ulteriore requisito richiesto espressamente dalla norma per la definizione dei lavoratori beneficiari della soglia di non imponibilità di euro 3.000 è la presenza di “figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2” del TUIR, dunque, di figli fiscalmente a carico.
NB: A tali fini, si considerano figli fiscalmente a carico, quelli di età
– non superiore a ventiquattro anni e con reddito complessivo annuo non eccedente euro 4.000,00,
– superiore a ventiquattro anni e con reddito complessivo annuo non superiore a euro 2.840,51.
Su questo punto, sorge un’ulteriore considerazione. La norma fa riferimento genericamente ai “lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati” fiscalmente a carico senza fissare un numero minimo di figli. Ciò porterebbe a ritenere che, per l’applicazione della soglia di esenzione di euro 3.000, sia sufficiente la presenza di un solo figlio purché fiscalmente a carico.
Oggetto dell’agevolazione
Con riferimento, invece, alle voci rientranti nel limite di non imponibilità di euro 3.000, si tratta di:
beni e servizi già soggetti al limite di esenzione fissato dal comma 3, art. 51 del TUIR, quali, a titolo di esempio:
– i buoni acquisto;
– i buoni carburante;
– i cesti natalizi;
– i premi per assicurazioni extra-professionali;
– il cellulare ad uso privato;
– i generi in natura prodotti dall’azienda, ecc.;
somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.
A tale ultimo riguardo, si ritengono ancora valide le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n. 35/2022, a commento delle medesime spese riconosciute nel periodo d’imposta 2022, per le quali era stata fissata la soglia di esenzione di euro 3.000, comprensiva di eventuali beni e servizi ceduti, per la generalità dei lavoratori dipendenti. In quella occasione, in estrema sintesi, l’Agenzia aveva precisato che
– le utenze devono riguardare immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese;
– la giustificazione di spesa può essere rappresentata anche da più fatture ed è valida anche se la stessa è intestata a una persona diversa dal lavoratore dipendente, purché sia intestata al coniuge o ai familiari indicati nell’art. 12 del TUIR o, in caso di riaddebito analitico, al locatore;
– con riguardo alla documentazione che giustifica la spesa sostenuta per le utenze e contestualmente l’entità del rimborso effettuato dal datore di lavoro, vi sono due alternative: l’acquisizione e la conservazione della documentazione in oggetto nel rispetto delle norme vigenti in materia di trattamento dei dati personali (Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e D.Lgs n. 196/2003) ovvero l’acquisizione di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, con la quale il lavoratore richiedente attesti di essere in possesso della documentazione comprovante il pagamento delle utenze domestiche, di cui riporti gli elementi necessari per identificarle, quali ad esempio, il numero e l’intestatario della fattura (e se diverso dal lavoratore, il rapporto intercorrente con quest’ultimo), la tipologia di utenza, l’importo pagato, la data e le modalità di pagamento.
L’articolo 40 del Decreto Lavoro delinea, ai fini dell’applicazione della soglia di non imponibilità di euro 3.000, due adempimenti preventivi: uno in capo al lavoratore, l’altro in capo al datore di lavoro.
Dichiarazione a carico del lavoratore
Per espressa previsione del comma 3 dell’art. 40, l’applicazione della soglia di esenzione di euro 3.000 è subordinata alla dichiarazione da parte del lavoratore “(...) al datore di lavoro di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli.”
Stante il tenore della norma, si ritiene opportuno che il lavoratore dipendente dichiari di aver diritto all’applicazione del limite di esenzione di euro 3.000, attestando la presenza di figli, compresi quelli nati fuori del matrimonio riconosciuti, adottivi o affidati, fiscalmente a carico ai sensi dell’art. 12, comma 2 del TUIR, indicandone il codice fiscale.
A questo proposito, va ricordato che, di norma, i lavoratori dipendenti, tramite la compilazione del modello delle detrazioni d’imposta, dichiarano, tra le altre cose, anche la presenza di figli fiscalmente a carico, questo, indipendetemente dalla fruizione per gli stessi delle detrazioni che, dal periodo d’imposta 2022, sono limitate ai figli di età pari o superiore a ventuno anni. NB: Tuttavia, in attesa dei chiarimenti in materia da parte dell’Agenzia delle Entrate, si ritiene che, ai fini in esame, non sia sufficiente quanto dichiarato dal lavoratore nel modello delle detrazioni d’imposta e che si renda necessaria, da parte sua, una esplicita richiesta di applicazione del limite di esenzione di euro 3.000 con contestuale dichiarazione della presenza di figli fiscalmente a carico.
In merito alla dichiarazione in oggetto, si ritiene, inoltre, che:
la condizione di “figlio fiscalmente a carico” vada effettuata con riferimento al periodo d’imposta in corso (2023) non ravvisandosi nella norma il richiamo ad un diverso periodo di riferimento;
NB: Ciò implica che, nell’eventualità di una variazione di tale condizione nel corso dell’anno, il sostituto d’imposta potrebbe trovarsi a dover riconsiderare quanto riconociuto al lavoratore sotto forma di beni, servizi e rimborsi di spese per utenze domestiche alla luce della nuova situazione soggettiva comunicata dal lavoratore interessato.
il limite di non imponibilità di euro 3.000 non vada riproporzionato in funzione della percentuale di carico tra i due genitori.
NB: In altri termini, in presenza di figli a carico al 50% per ciascuno dei genitori lavoratori dipendenti, questi ultimi potenzialmente possono beneficiare dell’applicazione del limite di esenzione di euro 3.000 in relazione ai fringe benefits percepiti dal datore di lavoro nel corso del 2023.
Da ultimo, si evidenzia che, con specifico riferimento ai rimborsi delle spese per le utenze domestiche effettuati nel 2022, l’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n. 35/2022, aveva precisato che, per evitare che il lavoratore fruisca più volte del beneficio in relazione alle medesime spese, il datore di lavoro è tenuto ad acquisire una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti che le medesime fatture non siano già state oggetto di richiesta di rimborso, totale o parziale, non solo presso il medesimo datore di lavoro, ma anche presso altri.
NB: Se, come si ritiene, tali indicazioni risultano ancora valide per gli analoghi rimborsi effettuati nel corso del 2023, il lavoratore interessato dovrà consegnare una dichiarazione attestante, oltre che la presenza di figli fiscalmente a carico, anche la circostanza che le fatture per le quali riceve il rimborso non siano già state oggetto di medesima richiesta presso altro datore di lavoro.
Dichiarazione a carico del datore di lavoro
L’ultimo periodo del comma 1, art. 40, dispone che:
“I datori di lavoro provvedono all’attuazione del presente comma previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti.”
In sostanza, ai fini dell’applicazione della soglia di esenzione di euro 3.000 per i fringe benefits (comprensivi di somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche), a favore dei lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, il datore di lavoro è tenuto, preventivamente, ad informare in tal senso le RSU (o le RSA anche se non espressamente richiamate nella norma) laddove presenti. Posto che l’adempimento in parola ha una finalità informativa (non costituisce, infatti, una comunicazione soggetta a parere, tantomento, autorizzativo da parte delle rappresentanze sindacali), dal tenore della norma, si giunge alla conclusione che, in assenza delle RSU (o RSA), l’adempimento non sussiste.
DOPPIA SOGLIA DI ESENZIONE IN VIGORE PER IL PERIODO D’IMPOSTA 2023
Da ultimo, si evidenzia che l’art. 40 del Decreto Lavoro, al comma 2, puntualizza che:
“Resta ferma l’applicazione dell’articolo 51, comma 3, del citato testo unico delle imposte sui redditi, in relazione ai beni ceduti e ai servizi prestati a favore dei lavoratori dipendenti per i quali non ricorrono le condizioni indicate nel comma 1.”
Ciò significa che per i lavoratori dipendenti che non hanno figli fiscalmente a carico, continua a trovare applicazione la disciplina generale fissata dal comma 3, art. 51 del TUIR che prevede la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile per i beni e servizi ricevuti dal datore di lavoro, se di valore non eccedente la soglia annua di euro 258,23.
In conclusione, per il periodo d’imposta 2023, trovano, dunque, applicazione due distinte soglie di non imponibilità dei c.d. fringe benefits, con ambito soggettivo e oggettivo di applicazione differente. Nello specifico, per i lavoratori dipendenti
senza figli a carico, è confermata la soglia ordinaria di euro 258,23 per i beni ceduti e i servizi prestati;
con figli a carico, si introduce la soglia di euro 3.000, con la possibilità di includervi anche le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori per il pagamento delle utenze domestiche relative al servizio idrico, all’energia elettrica e al gas naturale.
NB: Da ultimo, si ricorda che i fringe benefits, intesi come beni e servizi nonché, per il 2023, si ritiene, le somme per il pagamento delle utenze domestiche in relazione ai lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, possono essere corrisposti dal datore di lavoro anche ad personam.
Comments