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Acquisto crediti fiscali e Pro-Rata




Conclusa la stagione dei super bonus si presenta ora alle aziende e ai contribuenti in generale la possibilità di acquistare crediti fiscali generati nelle prime versioni del superbonus, che non hanno limitazioni alla loro circolazione. Infatti la prima versione dell’art. 121 del DL 34/2020 consentiva innumerevoli cessioni dello stesso credito, il quale non era neppure identificato in modo univoco, ma rientrava in una massa monetaria liberamente frazionabile e cedibile plurime volte a cascata.

Infatti con il Decreto Sostegni-ter (DL 27 gennaio 2022, n. 4) sono stati introdotti limiti limiti alla cessione dei crediti d'imposta relativi ai bonus edilizi, permettendo una sola cessione del credito oltre alla comunicazione dell'opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito stesso. Successivamente, il Decreto Aiuti (DL 17 maggio 2022, n. 50) ha ulteriormente disciplinato la cessione dei crediti, prevedendo specifiche condizioni e modalità.

I crediti sorti negli esercizi 2020 e 2021 sono però tutt’ora liberamente cedibili dai titolari.

In alcuni casi questi crediti vengono anche messi sul mercato da parte degli stessi titolari al fine di monetizzarne l’utilizzo, spesso per ragioni di incapienza del debito Ires/Irpef degli stessi soggetti sui vari anni di utilizzo (fino al 2025 compreso).

Di fronte a queste fattispecie si pongono diverse problematiche che attengono essenzialmente al trattamento fiscale e contabile della differenza di prezzo pagata per l’acquisto dei crediti rispetto al valore nominale degli stessi e al trattamento IVA di tale differenza, soprattutto con riferimento al pro-rata di esenzione.

In questo articolo ci limitiamo a valutare il trattamento IVA, essendo l’aspetto fiscale e contabile già ampiamente trattato in precedenti post e sulla stampa specializzata e generica.

Il tema IVA riguarda inizialmente l’obbligo o meno di emissione della fattura a fronte di un differenziale fra prezzo pagato e valore facciale del credito fiscale.

La decisione di emettere o meno una fattura per la componente finanziaria dell'acquisto del credito fiscale è strettamente legata alla qualificazione di questa componente ai fini fiscali. Non c'è dubbio che si tratti di un componente finanziario, ma resta incerto se questo possa essere considerato un interesse attivo. Se così fosse, vi sarebbe l'obbligo di fatturazione ex art. 10.

In ogni caso, è obbligatorio contabilizzare questo componente finanziario positivo, quindi accompagnarlo con un documento non dovrebbe comportare grandi oneri amministrativi. Tuttavia, il problema principale è se questo componente finanziario generi pro-rata IVA.

Ad oggi, l'Agenzia delle Entrate non si è mai espressa chiaramente sul tema, nonostante numerosi interpelli e circolari. Diverse sentenze, tra cui una recente della CTR di Milano, sostengono che le operazioni finanziarie che generano interessi attivi, se estranee all'attività ordinaria del soggetto passivo e realizzate occasionalmente, non rappresentano un'attività per il soggetto passivo e vanno considerate accessorie rispetto all'attività principale. Pertanto, tali operazioni devono essere escluse dal calcolo del pro rata di detraibilità IVA.

Quando l'Agenzia delle Entrate si è espressa, ha chiarito che le operazioni finanziarie esenti non rientrano nell'attività propria del soggetto passivo se eseguite nell'ambito di attività occasionali o accessorie. Inoltre, ha ribadito che, ai fini dell'esclusione dal calcolo del pro rata di detrazione, le attività finanziarie esenti devono comportare un limitato impiego di lavoro, beni e servizi rilevanti ai fini IVA, tale da non costituire una vera e propria organizzazione specifica per la gestione di tali attività.

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