
Nell’ambito della attuale riforma fiscale è finalmente stato pubblicato il Decreto Legislativo di riforma delle Sanzioni Tributarie (D.Lgs. 87/2024).
L’intervento del Legislatore però, con l’intento di semplificare, anziché fare chiarezza rischia di creare ulteriori dubbi, anziché scomparire o diminuire, in realtà aumentano.
Il tema è quello inerente alle sanzioni, sia tributarie-amministrative che penali, in materia di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti o crediti non spettanti.
La questione è molto importante perché l’utilizzo di un credito inesistente comporta sanzioni molto più gravi e un termine di decadenza più lungo per i controlli dell'Amministrazione finanziaria.
A tal fine si può fare riferimento anche al nostro precedente post Novità per utilizzo in F24 di Crediti Non Spettanti o Inesistenti (associati67.it).
In quella sede descrivavamo alcune sentenze di Cassazione emesse nell’anno 2021 su questo tema, dove la Suprema Corte si sforzava di perimetrare le due diverse tipologie di violazione attraverso definizioni che attingevano direttamente alla prassi operativa degli Uffici Finanziari (vedasi il riferimento ai controlli formali 36-bis e 36-ter del DPR 600/1973). In base a tali sentenze il credito inesistente è quello privo del presupposto costitutivo e non rilevabile dai controlli formali, mentre il credito non spettante è quello fondato su documenti veritieri ma errati o incompleti.
L'AIDC ha confermato questa distinzione con una norma di comportamento per i dottori commercialisti.
Ora, nell’ambito della Riforma Fiscale in atto, si aggiunge un capitolo decisivo: mediante il D.Lgs. 87/2024 appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale si interviene con una rivisitazione complessiva del sistema delle Sanzioni Penali e Tributarie. La nuova norma interviene quindi direttamente sui provvedimenti che storicamente contengono la quantificazione delle sanzioni tributarie o penali, ovvero:
D.Lgs. 471/1997 per le sanzioni tributarie
D.Lgs. 74/2000 per le sanzioni penali.
In tale ampio ambito di manovra non poteva mancare un intervento sul tema sempre scottante dei crediti inesistenti o non spettanti. Se da un lato viene precisato alla lettera g-quater dell'art. 1, comma1, Dlgs 74/2000 che il credito inesistente è quello per cui mancano i requisiti soggettivi oppure oggettivi (e fin qui tutto bene), viene poi introdotta una definizione alla successiva lettera g-quinquies relativa al credito "non spettante" che a mio giudizio si sovrappone alla precedente creando piani definitori non perimetrati. La definizione incriminata è la seguente:
"Per crediti non spettanti si intendono (...) i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito; (...)".
A questo punto si pone la questione della distinzione di due diverse categorie di presupposti costitutivi del credito:
a) i requisiti soggettivi/oggettivi;
b) gli ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito.
Se viene a mancare il presupposto a) il credito è inesistente; se viene a mancare il presupposto b) il credito è non spettante.
Qual è il modo per distinguere i presupposti di categoria "a" da quelli di categoria "b" nel campo dei crediti d'imposta? Personalmente ritengo che sia un compito arduo, se non si fa diretto riferimento a queste classificazioni nella normativa che istituisce il credito. Interpretare ermeneuticamente le leggi che danno vita ai vari crediti d'imposta per separare i "requisiti soggettivi e oggettivi" da "altri elementi o qualità" risulta un'azione rischiosa sia per i contribuenti sia per i professionisti che li supportano, perché potrebbe portare a errori o controversie. Inoltre, sarebbe auspicabile avere una maggiore chiarezza e coerenza da parte del legislatore, che spesso introduce nuovi crediti d'imposta senza uniformarli a quelli già esistenti o a criteri generali validi per tutti.
Alla luce della nuova definizione di credito inesistente o non spettante ora servirebbe un riordino dei crediti di imposta con specificazione esplicita, per ciascuno di essi, di:
Requisiti soggettivi
Requisiti oggettivi
Ulteriori elementi costitutivi
Particolari qualità richieste
Solamente una rigida classificazione di questo tipo potrebbe finalmente chiarire il rischio sanzionatorio che i contribuenti corrono utilizzando in compensazione crediti di origine fiscale.
La differenza di pena fra le due fattispecie è infatti sensibile (vedasi art. 10-quater D.Lgs. 74/2000):
"E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione (...) crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.
E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione (...), crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro."
Ora viene introdotto in coda al suddetto articolo un nuovo comma:
"2-bis. La punibilità dell'agente per il reato di cui al comma 1 è esclusa quando, anche per la natura tecnica delle valutazioni, sussistono condizioni di obiettiva incertezza in ordine agli specifici elementi o alle particolari qualità che fondano la spettanza del credito."
Quindi ecco che entrano in gioco gli specifici elementi e le particolari qualità richieste. A cosa si farà riferimento in concreto? Solo la pratica ce lo potrà spiegare.
Di sicuro la rilevanza della distinzione assume aspetti assolutamente rilevanti per l'operatività dei contribuenti: basti pensare che nel caso di crediti inesistenti con pena prevista fino a sei anni sono possibili intercettazioni telefoniche ed altre misure cautelari molto invasive.
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