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Affitto di azienda: ammortamenti dei beni e plusvalenze

Il contratto di affitto d'azienda è da sempre una delle forme più gettonate mediante le quali le imprese collaborano o uniscono le forze per affrontare le più svariate tipologie di business.

I vantaggi legati a questa forma contrattuale sono evidenti: flessibilità di forme, tempi, ripartizione delle responsabilità, velocità di esecuzione.

Per contro, proprio questa agilità, dovuta a pochi vincoli di legge, comporta che alcune questioni operative che ci si trova a fronteggiare nella pratica non abbiano una chiara disciplina, né in campo civilistico né in campo fiscale.


Il problema degli ammortamenti

In campo fiscale la norma che tratta specificatamente di affitto di azienda è l'art. 102, comma 8, Tuir, che prevede che normalmente gli ammortamenti sono deducibili dal reddito dell'affittuario.

Tale regola però è derogabile se c'è l'accordo delle parti. Infatti l'ultimo periodo del comma 8 citato prevede che la regola base non si applica in caso di deroga convenzionale (ovvero con l'accordo delle parti) alle norme del codice civile in tema di obbligo di conservazione dell'efficienza dei beni ammortizzabili.

Cosa significa in concreto questa regola?

Per capirlo teniamo presente che le norme del codice civile obbligano il conduttore a mantenere la stessa organizzazione di mezzi e la stessa efficienza degli impianti che esisteva al momento dell'inizio dell'affitto: ciò significa che se un bene diventa inutilizzabile per qualsiasi motivo il conduttore deve sostituirlo con un bene che, anche se non identico, abbia le medesime caratteristiche.

Se contratto le parti si accordano per non applicare questa regola, ovvero non vi è obbligo per il conduttore di sostituire i beni non più efficienti, allora si deroga anche automaticamente alle regole in tema di ammortamenti: quindi in questo caso gli ammortamenti saranno effettuati non dal conduttore ma dal proprietario dell'azienda.

Il problema delle plusvalenze

Stante quanto descritto sopra, cosa succede in caso di vendita di un bene facente parte dell'azienda affittata?

Innanzitutto è bene porsi preliminarmente la questione di ordine civilistico attinente alla facoltà e la titolarità della decisione in merito all'alienazione e/o sostituzione di un bene aziendale. Se vige l'obbligo di mantenere l'efficienza dei beni è il conduttore che ha il diritto/dovere di prendere autonomamente questa decisione.

Se invece si deroga all'art. 2561 cc in tema di obbligo di mantenimento dell'efficienza, il conduttore non può disporre dei beni aziendali come non può dedurne gli ammortamenti; in questi casi normalmente il conduttore decide autonomamente di acquistare un bene che però rimane di sua proprietà e non entra a far parte dell'universo dei beni aziendali.

Da questa considerazione emerge quindi la soluzione obbligata al tema delle plusvalenze (o minusvalenze) scaturenti dall'alienazione di beni facenti parte dell'azienda affittata:

  • se si applicano le norme di default del codice civile (e quindi anche l'art. 102 comma 8 Tuir primo periodo) la facoltà decisionale in tema di alienazione del bene e anche la plusvalenza/minusvalenza conseguente è in capo all'affittuario/conduttore;

  • se si deroga alle norme del codice civile a all'art. 102, comma 8, Tuir, il conduttore dell'azienda non può disporre autonomamente dei beni aziendali e la decisione in capo agli stessi spetta al proprietario, come pure è a suo carico la plusvalenza (o minusvalenza).

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